27 settembre 2005

Il Manoscritto Ritrovato

IL MANOSCRITTO RITROVATO Prefazione
Il 4 aprile di quest'anno mi accingevo a ricordare con il dovuto anticipo ad alcuni amici, l'avvicinarsi del 15 Maggio, data che ci lega ormai dal 1988. Il mio sollecito non sortì alcun esito immediato. Qualche tempo dopo, ricevevo un plico di scartoffie ingiallite con un manoscritto che ho faticato a decifrare, e che ancora adesso che mi accingo a pubblicarlo, rappresenta per me un enigma, una specie di diario di inintellegibili misfatti che sembrano essere avvenuti pochi giorni prima della festa dei ceri.
Per esigenze legate alla legge sulla privacy ho dovuto provvedere alla a sostituzione dei nomi reali con i relativi codici fiscali. Il manoscritto sembra essere frutto della sovrapposizione di diverse voci narranti (lo stile e l'esame di un esperto di grafologia sembra confermare l'ipotesi) che appartengono a periodi storici molto coesi. L'esame approfondito del testo ci porta a produrre alcune ipotesi: a) il testo è frutto di una manipolazione di eventi realmente accaduti, perpetrato da una loggia segreta per destabilizzare la forza assente della regione b) il testo è un falso storico ideato da alcuni goliardici studenti del Liceo Statale G.Mazzatinti di Gubbio per mettere alla prova la prof. di storia c) il testo è un racconto senza capo nè coda di Paolo, Mauro, Sebi e Carlo Gli ultimi fogli sono estremamante deteriorati ed alcune parti sono completamente mancanti. Quanto prima renderò disponibile il materiale restante in modo da rendere un se pur modesto contributo alla comprensione della verità, o forse, per meglio dire, di quanto queste pagine raccontano che sia avvenuto.
COSA SUCCESSE VERAMENTE
QUELLA NOTTE TRA IL 12 E IL 13 MAGGIO
(una risata nera e profonda *) PARTE PRIMA
A fatica, il cronista aggiustò la faccia di circostanza, si mise di fronte alla telecamera e disse: - Sono le due di notte e qui a Gubbio, sul luogo del brutale omicidio, c'è ancora molta gente, commossa e costernata. Un attimo prima il cameraman di Tele SanPietro aveva pregato gli astanti di smettere di sghignazzare e dire idiozie, per non rovinare l'audio-ambiente: - Per favore, noi stiamo lavorando... Ci bastano trenta secondi, per favore... Questo fu circa tre ore dopo la scena degli sbirri che si mettevano le mani nei capelli e si davano di gomito, espressioni disgustate, sguardi oltre la transenna: -Minchia, stanno facendo un mer-da-io! Sbirri rigorosamente fuori servizio, in borghese, erano lì come curiosi e ci dicevano: - Ragazzi, purtroppo non hanno chiamato noi. Completamente esautorati. Ho fatto vent'anni alla Scientifica, e vi dico che quelli là non stanno facendo dei rilievi: stanno facendo un puttanaio. E' mezz'ora che vanno avanti e indietro, calpestano, toccano, spostano, e non hanno ancora fatto i segni coi gessetti! "Quelli là" erano i carabineros. Da lì era partita una salva di commenti e freddure: - Due in borghese lo freddano, gli altri in divisa insabbiano. - Per eccesso di zelo MGN ha dato la notizia un minuto prima dei fatti. - NGLTT di AN è andato a parlare con la polizia. - Que fi, s'è già costituito? - C'è già stata una rivendicazione? - Non so, qualcuno nominava i Boys RossoBlù... La mia dichiarazione a un quotidiano locale fu: - La cultura di questo paese è intossicata dai revival e dal loro incontrollabile susseguirsi. Si è cominciato con l'easy listening degli anni '60, ripesca questo e ripesca quello, e riecco la strategia della tensione. E' altresì impossibile non menzionare l'eterno e invariabile pianista JS CLZL che suona nel privé del Millenium. Nessuno, ma proprio nes-su-no, credeva alla finta resurrezione di una brigata rossa telecomandata. Non due giorni prima della più grande manifestazione pagana della storia italiana. Un copione già recitato mille volte. L'effetto comico più immediato è proprio quello dato dalla reiterazione, e nell'aria c'era molta ilarità. La gente formava capannelli, faceva gara di cinismo, si contava i peli sullo stomaco ed esplodeva in cachinni ominosi. Il giorno dopo ne avremmo sentite di tutti i colori, dai leader politici e dalle pecore Dolly dell'opinion making. Ad un certo punto sintetizzai il concetto: - Secondo me sono stati gli obiettori. - Ma no, che cazzo dici, quelli non c'hanno mica le pistole! - Ah, già, non ci avevo pensato... Questo l'aveva captato Gaetano mentre io facevo l'asino con le fighe. Eravamo tutti molto in forma, qualche centinaio di persone all'incrocio tra Piazza 40 Martiri e la traversa che porta al corso principale, dalle nove di sera fino alle tre di notte, come fosse un'ipertrofica happy hour. Gaetano aveva detto: - E' incredibile, quando vado a prendere l'aperitivo vedo solo musi lunghi e c'è un'atmosfera funebre, poi ammazzano uno e viene fuori l'appuntamento più socializzante dell'anno. Capace che tra qualche anno diremo frasi tipo: “E' un mio carissimo amico, l'ho conosciuto all'omicidio di Ubaldo!” Se ci ripenso, alcune delle mie migliori battute di sempre e degli aforismi più arguti vennero fuori sulla scena del delitto Ubaldo. Dicevo, alla pista obiettori non ci credeva nessuno, ma proprio nes-su-no. Fatta eccezione per il professor BNCG, l'unico disposto a farsi intervistare da qualunque mezzo d'informazione. Ogni tanto mi capitava di passare vicino a BNCG, illuminato dai fari delle tivù, e lo sentivo pontificare: - ...e' il pevcovso stovico degli obbiettovi, colpive i pveti, i mediatovi, pev esaspevave cvedenti e non... Qualcuno aveva detto: - Ma perché BNCG rilascia dichiarazioni a botta calda? Sta dicendo una marea di cazzate. Non ricordo chi gli rispose: - Perché, a botta fredda cambiava qualcosa? In ogni caso, pensavo, questi "nuovi" obiettori andavano identificati non in base agli intenti bensì ai risultati. Erano in ogni caso e oggettivamente un'appendice del regime, che lo volessero o meno. Qualcuno disse: - Obiettori o carabineros che differenza c'è? E' probabile che un obiettore su due sia un carabinero infiltrato. - Perché, l'altro no? E mi venne in mente una cosa, ma è meglio che la dico dopo. Quel martedì sera era in programma il film "Bocche vogliose" e un mio coinquilino ricevette una telefonata: - Hanno fatto fuori il braccio destro di Dio, vicino a Piazza S. Martino! Due in moto! Accendi la tele! Lo speaker di Tele SanPietro disse testualmente: - Il centro di Gubbio è completamente chiuso dai posti di blocco delle forze dell'ordine, gli attentatori potrebbero ancora trovarsi nel perimetro del centro storico. Come se il centro storico fosse una specie di recinto. Mi parve una cazzata ciclotronica, così uscii, presi la macchina e girai per la città. Non c'era l'ombra di uno sbirro. Nessun cazzo di posto di blocco. Nessuno mi fermò. Sembrava una cosa detta apposta per non far uscire la gente di casa. Ma la gente era già fuori di casa, perché era una splendida serata. Davanti ai pub di via dei Consoli, nugoli di maragli berciavano in totale abbrutimento, ingurgitavano cervogia, blateravano di telefonini, pregavano il dio dei falliti perché trovasse loro un poco di patonza. Fu così che ci dirigemmo verso Piazza 40 Martiri, luogo dell'assassinio. Ubaldo, santo del lavoro e teorico dei licenziamenti indiscriminati, era stato ucciso mentre rientrava a casa di corsa. Mi venne in mente che in inglese "to fire" significa entrambe le cose: licenziare e sparare. C'era tutta la Gubbio Alto Chiascio, pazienti e psichiatri. Al momento dell'uccisione, in città si svolgevano svariate assemblee e iniziative per la festa dei ceri. Tutti erano accorsi, forse nelle intenzioni c'era una sorta di "veglia laica", o di "presidio democratico". Di sicuro non una happy hour. Ebbero un ruolo importante gli alcolici: la piazza preparata per la distribuzione gratuita del vino era lì a due passi e le staffette non mancavano. C'erano romanzieri (Carelli, Micosi, Cazzivari, Barbastelli), DJ, biassanott dai nasi purpurei, madamigelle di varie volumetrie, cronisti svogliati, istrioni e mattatori da aperitivo. Continuava ad aggiungersi gente. Un ubriaco del posto che si credeva latinoamericano urlava: - Muchedumbre, muchedumbre! ¿A cuántos estamos hoy? Era la notte tra il 12 e il 13 maggio 1988. Nessuno, ma proprio nes-su-no dei presenti s'indignava per le risate e i calembours. Segno dei tempi, tutti capivano la sfida dal basso alla retorica ufficiale. Davvero non ci cascavamo più, da un pezzo eravamo evasi da musei delle cere e annate di piombo. Dovevano inventarsi qualcosa di peggio, se volevano frenare la spallata delle moltitudini al regime del meso-impero. Qualcosa di peggio. Finché non mi venne in mente una cosa, anzi, diverse cose. Quegli schiamazzi notturni erano sotto le finestre di una famiglia che aveva appena subito un atto di barbarie. Ubaldo era un santo, aveva 52 anni, esattamente come mio padre. Al di là delle transenne, da poco dopo l'attentato, era transumata un'intera mandria di politici e mezzi cartucci ecclesiali, tutti lì a testimoniare "il loro cordoglio". Di colpo, politici e diocesani erano ascesi a un calvario di lutto, incertezza per il futuro, sovraffollamento, sudaticce strette di mano, telegrammi presidenziali, qualche giorno di molestie da parte della stampa e poi l'oblio. Orecchie tappate per lo sbalzo di pressione. Singhiozzo. La festa dei Ceri 1988 era oramai segnata dal sangue ma, come dicono gli americani, the show must go home.[Qualche giorno dopo il mio amico Marmellone, ora Sindaco di Gubbio, avrebbe urlato in un microfono, di fronte a diecimila persone: - Noi eravamo in totale disaccordo con Ubaldo, e vogliamo dire: lo hanno ucciso proprio per impedirci di essere in disaccordo con lui!] Guardai le finestre della casa del Signore. In quel momento, strano a dirsi, i miei pensieri confluirono in una sorta di orazione: Ubaldo, ci dispiace. Ci dispiace per te. Ci dispiace per la tua famiglia. Ci dispiace per i tuoi amici Antonio e Giorgio. Ci dispiace per la bella stagione che hai fatto appena in tempo ad annusare, per le corse fuoriporta che non potrai più fare. Ci dispiace per quella moltitudine di persone che voleva combattere a viso aperto te e quello che sostenevi. Ci dispiace. Ma nessuno può pretendere che ci uniamo alla tua santificazione. Nessuno può pretendere che di te ci importi davvero, al di là del cliché sulla campana che suona: se suona per tutti, è come se non suonasse per nessuno. Contestiamo il pensiero unico del lutto imposto dall'alto e vogliamo essere liberi di dire che non tutte le morti ci diminuiscono. Ti chiediamo scusa, ma tiriamo innanzi per la nostra strada. Verso l'alba, con un'amica, raggiunsi un'edicola poco distante. Comprammo i giornali per ubriacarci di una coralità simile a quella richiesta dagli animatori dei villaggi turistici: riflussi condizionati e psicologia delle folle. A parte quello, tutti si contendevano la salma: BSLL definiva Ubaldo, ossimoricamente, "un santo coerente"; il cardinale Beffa lo diceva "un figlio della Chiesa"; qualcuno si riferiva a lui come a "un compagno". Mancavano solo i monarchici e Scientology. Pensai a Vogliamo i colonnelli, con l'immortale Ugo Tognazzi. Chissà perché, pensai al killer maldestro di Mulholland Drive. Pensai a Andrea Pazienza l'unico che poteva stupirmi. Infine, pensai ad altro. * Testo originale di Wu Ming 1
IL DOMINIO DI DOMANI
PARTE SECONDA
Mister King picchiò i pugni sul tavolo e imprecò. Mancava all'appello un documento e non poteva prendersela con alcuno, se non con la sua sbadataggine. Nei giorni che precedono i Ceri, poteva accadere questo e altro. Era al lavoro anche quel pomeriggio, nel suo ufficio di direttore amministrativo al secondo piano del palazzo dell'Unità sanitaria locale Alto Chiascio. I giornali locali evidenziavano i fatti di cronaca secondo la solita, immancabile regola delle tre esse: sesso, sangue e soldi. Le corrispondenze sull'omicidio di Gubbio nella notte tra il 12 e il 13 maggio, occupavano più di una pagina nell'inserto regionale. Indagini, testimonianze, racconti di conoscenti: articoli riempitivi, per colmare il vuoto di notizie dovuto allo stretto riserbo degli inquirenti. Nelle altre pagine si presentavano i candidati alle elezioni comunali, ormai vicine. La pubblicità elettorale abbondava, ma lui, mister King, rimase del tutto indifferente all'annuncio a pagina 16: "Oggi, 18 maggio 1988, alle 19, comizio del senatore Luciano Lama in piazza Oderisi". E sotto, inequivocabile, lo stemma del partito. Una scrivania apparecchiata alla meglio: timbri, fogli, registri, certificati, marche da bollo. Quasi sull'orlo del tavolo di lavoro, le foto dei figli in un portaritratto che aveva acquistato a una bancarella, forse un lontano martedì verso il Teatro Romano: Lawrence, il maggiore, futuro dottore commercialista, un brillante percorso di studi all'Università di Siena, e la ragazza, Lucy, insegnante elementare ed educatrice d'infanzia nei soggiorni estivi, classico appuntamento di luglio e di agosto nei dintorni eugubini. Quel documento era proprio sparito. Non era colpa di impiegatucci subalterni, spesso bersaglio dei suoi opprimenti rimbrotti. Non meritava un simile trattamento il vecchio Fausto Maria Rogari, detto "Il fusto", che si era occupato in quel periodo di altre faccende. E non esisteva assolutamente alcun motivo per accanirsi contro Mariano De Pamphiliis, noto come "Lo svedese", che si era preso una breve licenza proprio in occasione della Festa. Anche mister King contava i giorni che restavano sul calendario, prima delle sospirate ferie. Era terribilmente abitudinario: guai se un collega decideva di sconfinare nel suo periodo di stop, dal 1 al 20 giugno. Destinazione Senigallia, insieme con la moglie Suzanne, molto più giovane di lui, alta quasi quanto lui. Avveniva così, da sempre. O almeno da quando aveva lasciato definitivamente il Galles per riscoprire le sue radici dalle parti del Monte Ingino. Batteva l'indice sul calendario, appena staccato dalla parete, per non sbagliare il calcolo dei giorni. Ma non sembrava un conto alla rovescia particolarmente sereno: considerò lavorative perfino le domeniche. Quel documento, dov'era finito quel documento ... D'un tratto, il campanello. "Strano", pensò. Già. Chi mai poteva cercarlo in ufficio, a quell'ora tarda del pomeriggio? Immaginò un errore, avviandosi al citofono. - "Chi è?" - Buonasera, siamo gli o … boettori! - Chi? Vettori? Cosa vuole da me l'allenatore del Poggibonsi? Lo ha vinto 'sto campionato? Complimenti, ci vediamo l'anno prossimo in C2, non adesso che ho da fare, io, mica posso perder tempo dietro a un pal… - Ma cosa ha capito, mister King? Siamo gli obiettori! - Ah, l'appuntamento delle sette, certo, certo. Salite, su, salite … Non si ricordava di quell'incontro, sollecitato pochi giorni prima dagli stessi ragazzi del servizio civile. Li chiamava così, ma al momento del faccia a faccia con ciascuno di loro, rimaneva ancorato all'uso di un formalissimo "lei". Rifletté un attimo, prima di aprire. Gli stava sfuggendo il motivo della visita. Ah, sì. Gli arredi per l'appartamento di via Gioia, poco distante dalla sede Usl, nel palazzo che ospitava un tempo anche i Vigili del fuoco, di fronte alla paninoteca e di fianco alle suore. Apparvero in quattro, sulla soglia: Carlo Maria, Sebastiano, Mauro e Paolo. - "Vi credevo in tre", osservò King. - "No, no, in quattro. Sempre stati in quattro", ribatté Mauro, che frequentava da lungo tempo quelle stanze, che conosceva l'odore di polvere e di muffa di quelle scartoffie. Forse, chissà, era stato lui, mentre scartabellava, a nascondere il prezioso pezzo di carta a mister King. Involontariamente, s'intende. Fatto sta che proprio Mauro divenne un po' il portavoce del gruppetto. - "Dunque, di cosa avete bisogno?". - "Le nostre camere sono praticamente disadorne. Sa qual è stata la prima domanda di Paolo, appena giunto a Gubbio? - "Come faccio a saperlo?" - "E allora glielo dico io. Paolo ha chiesto: 'n do' dormo?" - "Ah, capisco. Letti, dunque. Sta bene. Provvederò entro domani ai giacigli. Poi? - "Beh, un appendiabiti è possibile? Quello che c'era, è caduto durante un torneo nell'ingresso per colpa di una pal … " - "Cosa?" - "Ehm, no, volevo dire che non è più utilizzabile per … " - "E vada per l'appendiabiti. Altro?" - "Vedo che ha lì un tavolinetto libero. Lo potremmo usare noi, tra l'altro ci manca un comodino …". - "Ma sta scherzando? Dal mio ufficio non si muove niente. E' tutto catalogato, tutto, tutto!" - "Ah, scusi tanto, non sapevo". - "E invece lo deve sapere. Lo dovete sapere tutti e quattro. Si respira una brutta aria, non dimenticatelo". - "In che senso?" - " In che senso? Ma non leggete i giornali? Vi dice niente l'omicidio della notte tra il 12 e il 13 maggio? Non sapete che qualcuno ha avanzato addirittura l'ipotesi di un vostro coinvolgimento nell'uccisione del povero Ubaldo? Via, via, non fate i tonti! Io lo so che non c'entrate, però occhio, occhio …". Mister King congedò i ragazzi con una cordiale stretta di mano. Loro se ne andarono in tutta fretta da quelle stanze. Si interrogarono su JS CLZL, ricordarono che qualcuno, in città, eliminava il dittongo e lo chiamava CLZL. Ma non c'era differenza. Le foto alla festa e un verbale dell'Arma: è tutto quello che rimane, insieme alla testimonianza (fino a che punto attendibile, però?) della traccia di una Mini Morris 1800 transitata da Gubbio a velocità folle. Il mistero si infittiva, ogni ora di più. Sotto le logge non si parlava di altro: sfilarono senza rivolgere lo sguardo agli improvvisati investigatori. Li attendeva il civico 6, li attendeva il campanello con una scritta che depistava. Gli altri inquilini, poi, e anche i vicini costantemente di vedetta, perché da lassù dominavano. Era finita un'altra giornata? Era già domani? "Domani", come diceva sempre José? Sembrava, sembrava così. Fin quando non si levò una voce: "Vi sfido a biliardo, sono fortissimo!". E si avviarono verso la sala. In tre.
DAI MISTERIOSI DIARI DELL'E45
PARTE TERZA
Le mie mani sono aggrappate al volante. Il vecchio Tim Buckley gorgheggia Sweet Surrender e la sua voce si confonde con quella rotante del motore a pieni giri. Fumo una nazionale senza filtro, di quelle che al mio paese si fanno i muratori tra una fila di mattoni e l'altra, che quando finiscono il pacchetto finisce anche la giornata di lavoro e puoi stare certo che le file di mattoni sono venti e non una di più o di meno. I finestrini sono abbassati a cercare un'impossibile refrigerio e i miei pensieri corrono e scompaiono come i segni bianchi della striscia di mezzeria illuminata dai fari. L'E45 è un buio nastro rovente. L'asfalto notturno restituisce con gli interessi i 40 gradi della giornata più torrida degli ultimi tredici anni. Ieri sera il notiziario di Tele San Pietro ha dato le notizie meteo in apertura, e questo deve far riflettere. Dopo trenta giorni di martellamento mediatico è la prima volta che il faccione circolare di NSTR PCCTT non ci vomita addosso le ultime sul caso Ubaldo. E' così, è sempre così quando inizia l'estate. Dapprima ti raccontano delle medie record raggiunte dai termometri di tutta l'Umbria, poi ti fanno la predica su quale sono le ore migliori per la tintarella (per chi va a Torrette di Fano ovviamente), poi ti svelano tutto sulle diete a base di crescia alla carota liofilizzata, su qual'e l'ultimo ballo dell'estate e su come devi fare se vuoi abbandonare un cane senza dare troppo nell'occhio. E' così, quando inizia l'estate le notizie reali si rinsecchiscono al sole, diventano piccole e scivolano sempre più in fondo. Stavolta però c'è qualcosa che mi puzza, c'è qualcosa che mi dice che non si tratta del solito torpore estivo…. Qualcuno vuole lavorare più tranquillamente? Qualcuno ha interesse a non destare troppo allarmismo? Qualcuno vuole far credere che in fondo è solo uno stupido omicidio di provincia che non merita tutto questo can can? Io non sono tranquillo. Troppe volte in queste ultime notti, tra discussioni di finti ubriachi e riunioni improvvisate ai tavolini fumosi del bar Lele ha fatto capolino una sigla che non mi piace affatto. Anche quella sera mentre li guardavo giocare a biliardo, ho sentito qualcuno che, girato di spalle al videogame del Packman, l'ha buttata lì: - …e se c'entrasse il SID?- ha detto. Già, il SID. Security International Difference. Sicurezza Internazionale Differente, o delle Differenze o come cavolo si dice, che non ho mai capito se i differenti li vogliono proteggere o li vogliono eliminare…Già, il SID. Nessuno giura di averli mai visti davvero quelli del SID, né in questa storia né in nessun altra, eppure si sa che esistono, se ne avverte la presenza. Già, quella sera…. Piacenti poteva tranquillamente imbucare la tre in angolo quella sera, con un tiro facile e diretto trovandosi poi il pallino a centro-panno e chiudere la partita con l'otto in buca in mezzo, invece come al solito ha scelto la soluzione più complicata e ha voluto provare un quattro sponde di calcio direttamente per l'otto. Sarà stata la difficoltà del tiro, oppure ha sentito quelle paroline buttate lì quasi per caso? Fatto sta che è sobbalzato in tal modo che per poco il panno verde non si ritrovava con un crepaccio profondo tipo gran canyon…-…non ho capito un cazzo!- mi pare abbia detto. Gli altri due hanno riso e hanno fatto finta di niente. Ma a cosa voleva riferirsi esattamente il Carlomaria? Io so che loro non c'entrano, eppure… Uno stronzo con camion stile americano mi ha piazzato i suoi super abbaglianti proprio in mezzo al mio retrovisore. Sono preoccupato, mi segue già da un po'. Sanno che sono qui? Sanno dove sto andando? Come hanno individuato questa macchina? Rallento e vedo se mi sorpassa. Nel momento in cui il gigante mi affianca il sudore mi si gela in corpo e sento quasi freddo. Se volesse mi potrebbe sbattere fuori dal viadotto con un piccolo tocco, invece tuona il suo fischio a metà tra quello di un piroscafo e quello di un locomotore, mi supera e sparisce dietro una doppia curva. Sto diventando vecchio… Già, il SID. Fossero solo voci metropolitane, ma ci sono troppi collegamenti con il caso Ubaldo. Intanto la Mini Morris 1800. Quei piccoli mostri pare siano davvero capaci di coprire una distanza, chennesò, tra Gubbio e Torino in meno di tre ore… Già, la Mini 1800; la macchina del Calzuola è dello stesso modello di quelle che gli agenti del SID pare usassero verso la metà degli anni '70 per gli inseguimenti alle auto sospette dei terroristi. Anni pesanti quelli…come questi d'altronde. Poi quel documento sparito a Mister King. Forse nemmeno lui sapeva di quanto fosse importante… Un documento che un attimo prima era lì, e poi…puff…sparito. Un lavoro pulito, troppo pulito. Infine quelle intercettazioni telefoniche sul passato di via Gioia. Pare ci siano dei nastri che, mesi prima, provano la presenza al numero 6 di un non meglio identificato Decimo (nome in codice senza dubbio). Pare che costui fosse ferito ad un arto da un colpo d'arma da fuoco nel momento in cui ha trovato ricovero nelle stanze degli obiettori. Pare che questi gli abbiano dato asilo e che sia stato curato dentro quelle stesse stanze, addirittura tramite un'intervento chirurgico…. Io so per certo che loro non c'entrano con il delitto Ubaldo, eppure…Se tutto ciò risultasse vero vorrebbe dire che si sono infilati proprio in un bel guaio. Ma chi aveva interesse, in tempi non sospetti, a mettere sotto osservazione i movimenti di via Gioia? Cosa si celava dietro le parole …Consalvo al Telefono!!…Quello era un telefono controllato. Roba sofisticata, roba da SID insomma… Il motore gira a meraviglia nonostante spinga a tavoletta da quasi due ore. Si, lei va proprio a meraviglia, sono io che non riesco a mettere a fuoco un bel nulla. Mi scoppia la testa. Non riesco a dare una sequenzialità agli eventi. Sono confuso, mi sto perdendo. In momenti come questo devo pizzicarmi per capire se esisto o se sono solo una proiezione dei miei pensieri. Chi sono? Già, chi sono…A volte credo proprio di non saperlo. Quello che so è che di sicuro è una notte bollente, che Tim si esprime a piena ugola in I Know I'd recognize your face, che sto correndo in equilibrio su questa striscia nera come ho fatto tante altre volte nella mia vita. La mia meta? Che domanda…Todi!!! Le mie mani sono aggrappate al volante. Al volante della mia Panda Rossa.
NELLA TANA DEL LUPO
PARTE QUARTA
Come il bufalo di De Gregori, un'aquilone nel cielo scartava di lato senza preavviso, il tempo necessario per evitare l'attacco. Dovevo agire in fretta. Troppo invitante era l'occasione che mi si poneva davanti. Nonostante fossi a Gubbio per il meritato riposo, non riuscivo a trattenere la mia indole investigativa, come un bambino di fronte al barattolo di nutella sulla credenza. Avevo sorpreso per caso i tre obiettori, in procinto di una sfida, entrare allegramente in un bar della zona. L'idea di intrufolarmi nel loro rifugio, dare una sguardata furtiva, cogliere qualche indizio che poteva fare luce sull'intera faccenda, era un'idea troppo, ma troppo allettante. Alzai il bavero del mio giubbino di jeans e mi nascosi tra la folla indirizzandomi verso via Gioia numero sei. Un fil di ferro mi aiutò a far scattare la serratura. Entrai furtivo in punta dei piedi: - Permesso? C'è qualcuuuuuuuuu? E' la solita domanda tattica per non fare la figura dello stronzo, funziona sempre: se qualcuno si presenta alla domanda, dico semplicemente: mi scusi, ho sbagliato appartamento. Se nessuno risponde allora entro. Nessuno rispose. Entrai. Il pavimento era lucido all'inverosimile, come se avessero trascinato una pecora su e giù per il corridoio dopo averlo spennellato di cera. In cucina, appeso al muro, un cartello recitava: "Primo ed ultimo t_rn__ di _______", questo è quanto si leggeva, il resto era censurato da macchie di sugo della cena precedente, come mi suggerivano i gusci di lumache ammucchiati in una busta vicino il tinello. Grazie alla mia dote investigativa, non mi fu difficile completare la frase in "Primo ed ultimo turno di guardia"; sotto, in elenco, gli obiettori a gruppi di due. Ma perché i turni di guardia? Cosa sorvegliavano di così importante? In quale luogo? (fogli strappati....) ... tra Roman Polansky e Papa Wojtyla ? (abrasioni ....)

...ipse dixit ... (abrasioni ....) ... (voca)bolario, che doveva assolutamente restare segreto, era un documento riservato, un codice, uno strumento di decifrazione estremamente potente, in grado di far impallidire i più sofisticati codici militari.

Ma non era più lì. Qualcuno lo aveva rimosso dall'armadietto accanto al letto a castello rosso. Le ispezioni della voliera, una camera apparentemente adibita ad infermeria per volatili con dissenteria e dotata di una branda per la guardia, non avevano dato alcun esito.

Era evidente che la Polistil era stata messa lì per confondere le idee: un depistaggio in piena regola, proprio quello che ci si poteva aspettare da quelli del SID. Avevano già fatto le valigie, e nel covo di Via Gioia n°6, non restava più nulla da fare. Signor giudice, unmarcordo altro.


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No ai brevetti software!

Rovistando nella rete ho trovato una piccola icona come questa: . A pensarci bene, tutto quanto fa brevetto, copyright, etc, con il passare del tempo ha perso il significato originario di "tutela dell'ingegno", per diventare "tutela degli azionisti". Credo che lo spirito giusto con cui affrontare questa tematica sia quello espresso dalle licenze Creative Commons Beppe Grillo ne parla nel suo blog, con il titolo premonitore "La fine della conoscenza" Concedetevi alcuni attimi di riflesione...

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Anonymous Anonimo ha scritto...

A pensarci, tuttavia, una soluzione che metta insieme le leggi del mercato, i diritti degli autori e quelli degli utenti non è facile da trovare.
Ho provato a spiegare come vedo le cose in questo articolo
(qualche pezzo potrebbe essere materia da blog, se avessi un blog!)

07 ottobre, 2005 00:28  
Blogger CMP ha scritto...

Robby, ho letto con interesse il tuo articolo, anche se in alcuni passaggi mi è costato diversi neuroni. Non avevo fino ad ora una visione così completa della faccenda, ma mi resta un dubbio di carattere "rinascimentale": Che fine ha fatto la figura del mecenate? Perchè il sistema editoriale non si fa erede di una funzione così nobile e (se giustamente riposta) redditizia?
Una speculazione sulla fortuna di un libro, dipinto, disco, software o altro è molto più eticamente corretto di una speculazione in borsa !

08 ottobre, 2005 19:19  

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24 settembre 2005

Estate 1982 - Ligabetto (Ligavitos)

Questa è la prima di alcune fotografie che sono state casualmente rinvenute nel fondo di una vecchia scatola da scarpe.

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Anonymous Anonimo ha scritto...

Non so se siamo invecchiati bene o male, certo è difficile riconoscersi in quelle facce di 23 anni fa. E' dall'invenzione della fotografia - o forse delle calzature - che le vecchie scatole di scarpe riservano sorprese. La notte è ancora lunga: forse dovrei aprire un mio Blog, per non affollare il tuo di chiacchiere.

04 novembre, 2005 02:53  
Blogger CMP ha scritto...

Nel mio blog c'e posto a sufficienza. Non ho abbastanza costanza e tempo per scrivere quotidianamante... Se credi
posso abilitarti a scrivere i tuoi post qui.

06 novembre, 2005 15:40  
Anonymous Anonimo ha scritto...

Penso che mi accontenterò dello spazio disponibile attraverso i commenti...anche perché sembra virtualmente illimitato. Grazie comunque.

11 novembre, 2005 12:57  

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21 settembre 2005

Vocabolario degli Accademici della Crusca

Quando sono capitato sul sito del Vocabolario degli Accademici della Crusca non ho saputo resistere alla tentazione di inserirlo tra queste pagine. Spero che gli accademici non se ne abbiano a male. E' stupendo. Provare per credere.

VOCABOLARIO DEGLI ACCADEMICI DELLA CRUSCA
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20 settembre 2005

Le parole sono pietre

E' veramente difficile da comprendere. Le parole sono pietre diceva Carlo Levi, ma un'intera generazione di politici, imprenditori, e avventurieri di varia natura non ha fatto altro che cercare di convincerci che le parole sono aria (fritta). Difatti, come dicevano gli antichi romani, "verba volant", quindi, in effetti questo non può che avvalorare la tesi per la quale tutto ed il contrario di tutto può essere affermato ed anche smentito, quindi, cosa discutiamo a fare? La democrazia è diventata inutile, la res pubblica , ovvero lo stato (da distinguere dallo stato canaglia) , ovvero la cosa pubblica, di tutti, è diventata res privata, in quanto l'interesse dei pochi prevale sull'interesse dei molti, grazie anche agli innumerevoli stratagemmi e sofismi della comunicazione che la politica ha mutuato dalla pubblicità, ma anche a quella fortunata legge di mercato (ma quando mai gli antichi, che di problemi ne avevano tanti, si sono sognati far diventare il mercato una legge? Cristo, i "mercanti", li ha perfino cacciati dal tempio - ok non dal parlamento, dal tempio!) che decide della vita e della morte di ogni cosa terrena (o dovrei dire globale?). E' così che si arriva ad accalorarsi parlando di crisi della politica, di crisi della famiglia, di crisi dei valori, anche se poi, in fondo, anche se ci riesce difficile ammetterlo, continuiamo tutti a pensare che i valori, di questi tempi, è meglio averli in banca, altrimenti come fai a restare a galla tra questa feccia? Ho esagerato? Ok, "Fa nienete, danno in TV un programma intelligente"(F.Guccini)

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19 settembre 2005

Perifrasi

Prefazione all'edizione del 1988
Devo un profondo e sincero ringraziamento a coloro che mi hanno aiutato in questo lavoro, in pensieri, opere e parole: A Paolo Bartalini, poeta e compagno di questi mesi, che lo ha fatto con l'entusiasmo e la pazienza di un vecchio amico. A Roberto Zamparelli, che ha generosamente sopportato i miei raptus di egocentrismo nonché le mie richieste di aiuto e chiarimento, da tempo immemorabile. A Leonardo Rossi, per l'interessamento da sempre dimostrato nelle idee e nelle imprese comuni e non. Al vecchio Valerio Ruggiero, per il suo sarcasmo pungente e la sua sempre presente amicizia. A Sebastiano Nucifora, perché la sua partecipazione emotiva non è mai venuta a mancare. A queste persone dedico questo libro, pochè in qualche misura appartiene anche a loro. Un grazie particolare al pittore e scultore Nello Bocci che ha voluto prestare la sua attenzione e la sua mano per la copertina.
A chi Legge
Scrivere è un pò come amare, non si può non parlare si sé e non si può dire tutto, o quantomeno, non lo si può dire esplicitamente. Perché allora parlare per simboli, metafore, perifrasi? Perché tentare di interporre tra le parole ed il loro significato un velo di magia, di altro da ciò che per tutti significano? Ma le parole non sono il significato, sono il mezzo della rappresentazione, i simboli e le immagini, gli strumenti che permettono di dire, nel modo più vicino possibile ai sensi, quelle verità comuni eppure così private, delle quali abbiamo perduto la capacità di comunicare la carica espressiva e vitale. Allora scrivere diventa come parlare ad un amico, chi legge è l'interlocutore di chi scrive, colui che sa ascoltare e che in qualche modo può rispondere, perché nelle immagini, nei simboli e nelle sensazioni comuni, risiede la capacità di essere individui l'uno per l'altro, di parlare la stessa lingua, di leggere nella coscienza dell'altro come nella propria e in definitiva, di amare.
Gubbio, 3 febbraio 1988
...quella realtà che noi rischieremmo di morire senza aver conosciuta e che è semplicemente la nostra vita. La vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita quindi realmente vissuta, quella che, in un certo senso, dimora in ogni momento in tutti gli uomini altrettanto che nell'artista. M Proust
I Il Tempo, il Ricordo, il Disagio
Delle cose conosciamo troppo spesso la fine e molto raramente l'inizio, come una sorta di ignoranza atavica che ci impedisce di andare oltre la nebulosa di un passato che avvolge le nostre esperienze, i nostri ricordi e le nostre conoscenze di di uomini comuni, scienziati, filosofi, religiosi o poeti. Nella ricerca delle cause prime della nostra esistenza, riusciamo talvolta a cogliere il tentativo di costruirci una giustizia, una giustificazione, una ragione. Il pensiero, che solo dopo, in un momento successivo, va alla ricerca di cosa è accaduto e come.
IL VUOTO S'INCRINA
Il vuoto s'incrina come lucide pieghe nel segno del nulla, ogni scena si apre, e oltre la voce del tempo sfugge chiave dopo chiave, tra nastri di mobile luce, ed ora, infinitamente, e nulla e tutto, cambia.
IL PASSATO
Il passato tormenta il mio futuro mentre il presente agonizzante giace disteso ed irrigidito su un tappeto di emozioni costrette invadenti letali simili a sé stesse all'infinito nel gioco di un universo incosciente.
INFANZIA
Infanzia lontana il ricordo sottile annega dietro angoli scuri di pochi inverni.
LA STRADA SI POSA
La strada si posa stanca e assolata tra i volti scolpiti degli alberi. La voce del vento è muta e l'ombra si fa rara. Tra i muri di pietra rossa un antico ricordo di sacra forza, scaturisce invocato, mentre il rintocco del vespro richiama le donne ancora. Torna a tratti col vento l'odore forte del mudeju, e muore il sole tra un pendio e un colle. Già i primi incendi brillano nel crepuscolo.
PENOMBRA
Scavando in attimi scuri tra il sonno e la veglia, spezzati, è infinita penombra nella mente ed intorno: resistente corteccia che il tempo rafforza o ignora. Così, misurando i luoghi e i momenti che ci sono appartenuti si tenta di ricostruire la tappe di una crescita, di rendere stabili e concrete le esperienze: stabilire un contatto tra sè ed il mondo, capirne il segreto raccordo, nel rispetto di una sequenzialità che è l'unico indizio certo. Poi la memoria, anche a nostra insaputa, inizia a sgrossare qualche pensiero, riferimento, idea ricorrente: l'inizio di un tentativo di autogratificazione.
MISURARE IL PRESENTE
Vedo gli anni passati, che avvolgono silenziosi veli sul volto. La pace si piega sul fuoco, l'aria si torce, distorce e gli anni del cuore sempre meno nel cuore, sempre più nella testa. Quando avrò il coraggio e l'avvenire nella stessa mano . . . Il presente si tocca. Scivola a tre dimensioni sul binario più lento: paga ogni ritardo, paga puntuale l'inganno e la misura del passo si perde, all'incollarsi del cielo e del mondo.
ASCOLTO IL COLORE
Ascolto il colore che viene e il primo vestito che abita il mondo ed è già mestiere prima che frutto proibito. Ancora dove l'abito piega ride l'uomo ed il fiore ed il canto del giorno dilegua.
PAGO DI INDISTINTE CERTEZZE
Pago di indistinte certezze com'io fossi ancora un vago alitare di vento sospinto e sorretto dal giorno, volto pagine di mente l'una sull'altra, senza capirne i segni.
GIOCO
Vedo gli occhi, sorridono silenziosi. Un attimo coglie il loro gioco prima che si accorgano e fuggano... I bambini.
SCONOSCIUTA GIOIA
Deserto, disteso, nel solo breve istante di dolce immobilità: Sconosciuta gioia dal cuore e dalla bocca, affiora silenziosa, negli occhi, giù, fino a bagnare le labbra. Si crea i l discorso, la lente che indaga si commuove nel ricordo comune, nell'incanto di prestarsi a un gioco di coinvolgimenti personali: uno spontaneo "Gioco della Verità" dove non si appaga alcuna curiosità. Come immobilizzati in una fotografia, ci si preoccupa di partecipare all'evocazione.
MARIA
Quanti anni ricordo, Maria, anni del dolce vino incappucciati dalla primavera tenera, docile, amica. Passi nella strada di tutti, solo pensieri e sguardi al lume della sera. Cantando, voci di dentro, toccavano corde pure. Quanti anni ricordo nel loro profumo: Le donne di sempre e di adesso che giocano a prendere il volo. Per gioco o per forza che sia, ricordo quegli anni, Maria.
NON DIMENTICO DI STUPIRMI ANCORA
Non dimentico di stupirmi ancora, le rare volte che scopro di vivere, quando le rive d'asfalto si fanno lucide e scure e la solitudine illumina sprazzi intermittenti di profonde facoltà, tra una morte vecchia e una nuova.
DOLCE
Dolce immagino che ancora esista lontano perso tra i volti annega.
DIALOGO
- Buongiorno Signore, desidera acquistare qualcosa? Ecco vede, ho qui della tristezza che non ha ancora due giorni, tenuta in caldo, qui, sotto la maglia di lana, dove il freddo non scende ... - Non è proprio quello che mi serve... io, veramente, cercavo qualcosa di più... - Forse sarebbe di suo gradimento qualche grammo di sincera commozione, di quella che talvolta si trova ancora nei grandi occhi bagnati di una bimba di celluloide... E' qualcosa di veramente esclusivo !! - No, no, evidentemente non mi sono spiegato... qualcosa di meno... - Ho trovato! Queste rarissime briciole di autentica follia, potrebbero essere la chimera che voi cercate. - Niente da fare, non ci siamo... - Se vuole ho ancora scaglie d'odio, lacrime d'amore, frammenti d'orgoglio, otri di riso, gioia, paura... - Non, no, grazie, nulla di tutto questo mi interessa...
* * *
- Buongiorno Signore, desidera acquistare qualcosa? Ecco, vede, ho qui dell'indifferenza appena colta ...
ALCUNI PENSIERI VENGONO
Alcuni pensieri vengono quando chiudo gli occhi. Svaniscono quando li riapro, quasi non fossero veri.
CHE NE E' STATO DELL'UOMO?
I miei occhi fissi sul volto, invecchiati nel continuo guardare, han perso la luce e la gioia e le torce che si alzano mute durante la notte e tremando, hanno ormai solo tristi luci velate. E poi ancora, le labbra bagnate alla fonte sono arse di sete e spaccate dal tempo. E tu ancora mi interroghi e chiedi risposte. Scavi neri pozzi nel fango cercando la luce. Che ne è stato dell'uomo?
SEPARATI MOMENTI
Separati momenti agitano bandiere diverse nel tempo. Gli occhi dentro le guardano. Cambiano i segni sui gonfaloni ma non amo di meno i miei sogni, solo, li conosco meglio.
L'URLO DEL PRIMO UOMO
L’urlo del primo uomo giace nell’aria. Il suo dolore è fede, è Dio. Le sue lacrime bagnano altri mondi la cui esistenza è incerta. L’urlo del primo uomo è ancora vivo nelle tue piaghe quando l’odore del sangue acceca i tuoi sensi. Batte il petto sul suolo fino allo schianto.
SEGUI PIANO LE DITA
Segui piano le dita tracciare nell'aria pensieri dove non arriva la voce si alzano gli occhi cercando. Piangono i colori nel seno duro della perduta purezza.
II L'Uomo, la Coscienza, la Crisi
Come se capire la crisi voglia dire che la crisi è risolta. G.Gaber
Allora questa tanto temuta pazzia si scioglie lentamente e si diluisce nelle idee e nelle azioni: annacqua e corrompe le fibre solide dell'istinto, ci si rivolta contro, con la stessa forza con la quale cerchiamo di combatterla. Il Tutto è sempre più della parte, anche se quasta parte è l'uomo. Prendere coscienza è subito tutt'uno con il trovarsi invischiati nell'ingranaggio che procede inesorabile, con o senza di noi.
ARIDO RAGGIO
Arido raggio e svuotato, intima offesa al silenzio, muto vate dei segni. E quale perdono di tutto questo sapere? Quale condanna? Senza labbra il mio cuore.
PASSI CHIUSI
Passi chiusi su mura incaute che tornano uguali nel tempo. Fiori di bosco graffiati a vivo: tele di ragno. Non c'è ragione non un ramo che vibra ed è aspro e forte in me il più fragile segno. Breve è il vanto di vita che ad ogni passo stinge e muore nel buio.
CHI LODA IL VENTO
Chi loda il vento e ne è consumato nasce dai propri segni e nella vita di questi si spegne. Noi lo siamo, di questa progenie dalle mani mute e dalle menti fiacche. Vedono i nostri occhi ancora, autunno e inverno nelle lenti di un gioco, come fossero gli alberi a decidere ancora il corso del tempo. Ad ogni istante ardono battendo nelle tempie le voci profonde dei nostri segni. Che vale dunque lo sforzo? Chi loda il vento non lo deve forse anche seguire e guidare? Teniamo sempre a portata di mano un paio di occhiali scuri attravero i quali gli altri non possono sapere se stiamo guardando oppure no. Ipocrisia. La Storia insegna e noi siamo studenti maldestri e distratti. Se non si riesce a vivere come si pensa, si finisce per il pensare come si vive: Viviamo e pensiamo male.
STORIA
Impero dei gesti, degli anni poveri e dritti, stoiche gemme dell'entusiasmo, facili servi e padroni. Terra sotto le unghie quasi mai sotto i piedi: Qualcuno ha nascosto le prove.
UN SENSO ALLA VITA
Un senso alla vita nella dignitosa fierezza della povertà. Nei fiori stampati addosso, nei volti attaccati alla pelle. E' davvero solo negli occhi, o la vita chiede martiri ancora?
ABITATORI D'OLTRE EVO
Abitatori d'oltre evo bussano alle porte. Schiavi di fate tristi e mostri tendono le mani oltre le grate. La pioggia ritrae le sue gocce, la terra i suoi poli. IL piccolo passo dell'uomo quale favola scrive?
NON ABBIAMO PIU' MANI
Non abbiamo puù mani per coprire gli occhi e più ci avviciniamo più i nostri passi cedono al terreno. E' stanco il cuore ed il ventre ed il respiro ricopre le grida: Prima di essere falciati come spighe mature di campo, scambiamoci un segno di pace. Il corvo ride, lui, non ha occhi per piangere.
ASCOLTO I SUONI INDISTINTI
Ascolto i suoni indistinti della mia coscienza agitata. Pause di lunghi silenzi e segnali perduti. C'è qualcosa che non posso toccare, che la mente non frena, tra il dolore e il piacere. Vorrei racchiudere il vento come un pugno di miglio.
L'ARGINE
Dell'argine percorre il divenire questo fluttuante sguardo immoto e non ha posa il volo delle ali, bianche, falci di luna galleggiano come foglie impigliate tra i rami. Secco il marmo, dove apre le pietre la radice dell'erba, i suoi giorni consuma non altrimenti dai miei, tra rare passioni dell'onda scura e pungenti radici del cuore e della fantasia.
"Ah!", disse la volpe, "Piangerò". "La colpa è tua", disse il Piccolo Principe, "io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..." "E' vero", disse la volpe, "Ma piangerai!", disse il Piccolo Principe. "E' certo", disse la volpe. "Ma allora che ci guadagni?" "Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano". A de Saint->Exupéry
ARTIFICIALI ILLUSIONI
Anche le ultime stelle fisse, muovono dietro le altre. Non resta chiodo che tenga, non cuneo che fermi. Avvizzisce la luce delle utopie. Artificiali illusioni seguono il polo(*). (*) NdA: Il testo è stato scritto in tempi non sospetti, in cui il significato del termine era puramente geografico e non come avviene oggi, politico.
PALLIDA ESISTENZA
Pallida esistenza condanna estrema di un giudice invisibile, ultima diabolica invenzione di un giustiziere impazzito. Morso è il cuore dal canto degli uccelli, l'aria intorbidita dal pullulare di fremiti incontrollati, è sempre più pesante. Le nostre mani parlano per noi, mentre la speranza impallidisce. La sola forza che ci impedisce di cadere è il dolore. Grazie Padre, per averci lasciato almeno questo.
SE CERCO BENE
Se cerco bene al fondo, ecco che posso ancora trovare in me la forza di resistere: Ma ciò che non troverò è la gioia di aver resistito.
Non ricordi cosa dire non ricordi cosa fare non ricordi dove andare non ricordi cosa scegliere Rotoli, rubi, senti, cadi in ginocchio. T. Buckley
NON SO PIU'
Non so più inventare giochi nè rompere nervosi cristalli nè calarmi nel fondo di un pozzo nè so cadere più ormai per provare il gusto salato del sudore che scende sulle labbra durante la risalita. Non so più, ingegno malato, quali occhi chiudere o quali fuochi accendere: Forse il collasso del mio unverso ne è causa ed effetto al tempo.
DRITTO AL CUORE
Dritto al cuore, l'inverno cade boccheggiante e mi trascina con se, a morire nella terra per mano del cielo.
GABBIANI
Il mio stupore è spento come la gioia nel grido dei gabbiani al porto.
VOCI
Voci, come luci di lampare al porto, seguite dal gocciolare triste e silenzio di reti ancora vuote.
IL PESO
Cosa dire agli occhi che guardano vitrei i segni profondi del viso? Quali arti mostrare? Tra i raggi del buio si piegano loro le ciglia a me le ginocchia.
III La Voce, il Silenzio, il Segno
LE PORTE
Si son chiuse le porte. Le grandi porte di petra che aprivano i cuori. Si son chiuse le porte. Ruggendo paurosamente, stridendo nella sabbia, per piombare nel silenzio. Si son chiuse le porte, ed il vento che porta la tua voce è ormai lontano. Neanche le urla della disperazione scalfiscono la pietra. Così è stato scritto, così è stato. Si son chiuse le porte, adesso il meno, è aspettare.
PER OGNUNO DI VOI
Per ognuno di voi a cui ho rubato come fosse sangue gocce di tempo per la mia sopravvivenza, per ognuno di voi ora sconto il mio peccato. Per ognuno di voi a cui ho chiesto di lasciarmi vivere senza altre scuse che l'amore stesso, per ognuno di voi, scrivo, non per le vostre orecchie.
GIA' LE PAROLE
Già le parole si fanno cristalli. Bagna gli occhi a chi legge la neve: Conservo al freddo i miei libri, dove forse lo sguardo o il pensiero ancora non sciolgono i segni.
QUESTE SPORCHE LETTERE
Queste sporche lettere imbevute di sangue disperse e ignorate fagocitate, dall'appiattimento individuale, mi restano come unica consolazione: Magra preda di un felino incapace, infantile pigrizia viziata, forse solo clemenza trascendentale.
IL FARO
Si è spento il faro che illuminava lo scoglio. Di notte, chi naviga solo, si perde.
HO FREDDO DI RESISTERE AL CUORE
Ho freddo di resistere al cuore, di vendere fiumi di parole. Il lume della lanterna Si spegne al fondo. Non resta che battere mani e piedi: La luna mi sarà di fianco.
SE SOLO QUESTO SILENZIO
Se solo questo silenzio non fosse interrotto da infinite voci che non mi appartengono... Vuota disperazione, attimi di indefinita dolcezza, indefinito colore. Questo peso si solleva Oltre le ore Nell’attesa del giorno. Allora anche il dolore è segno, ed il segno ricerca: il primo forse e fondamentale mezzo di acquisizione delle informazioni, perchè contemporaneo, nel suo sviluppo, ai sensi. Dove può arrivare la capacità di sintesi del pensiero, là tenta di arrivare la voce. Il sacrificio è sempre grande: il dolore provocato dallo sforzo di rompere gli argini del silenzio, accompagna ogni tentativo di modificazione dello stato delle cose, che tendono per loro natura, all'immobilismo, alla chiusura, al resistere identiche a sè stesse così come la nostra coerenza, ostacolo ad ogni miglioramento.
VAGHE PAROLE
Vaghe parole soltanto rapide luci, intorno. Veli spezzati di vita, colti dall'incoscienza, estirpati. Figli velenosi del tempo. Invano si ascolta con occhi lucidi il vento.
SE NON HO DETTO
Se non ho detto e nulla è trasparito se non dagli occhi, tu non hai visto nè ascoltato alcun segno. Fredda corda sul collo il silenzio.
... e poichè nella letteratura tutto è diventato dicibile e niente più soggiace ai tabù, l'inespresso sostituisce la parola, che assume la funzione del tacere per mezzo delle parole. H.Rudigher
LA FOGLIA
Pavide lacrime portatrici di gioia restano mute attaccate alle ciglia, come foglie d'autunno resistono al vento e sorridono al volo per un breve momento: Cade la foglia, e il dolore dopo la gioia, più lento.
VOCI
Gridai, gridai, gridai, mille volte ancora il profumo di un volto e catturai la forza, furia caduta dal vento, in morbide foglie di luce. Cresce lo sforzo ed è vano, vano - sfiorire - perchè ancora è immortale - ed è assurdo credi - perchè ancora sento se il vento dura deboli voci isolate gridare.
VIENE A MANCARE
Viene a mancare anche la più bassa idea e vuote parole suppliscono i posti abbandonati dalle rivelazioni, prive ormai di coscienza. Non si alza più la forza se non per chiamare le ombre abbandonate oltre la mente. Sai bene, sai bene solo ciò che senti: senti e sai solo ciò che manca.
APRILE
Fuochi di luci ardono la valle sinuosa. L'orecchio si attarda nella ricerca di un segno. Aprile ha la memoria corta: alle mani lavate di fresco cancella il dolore feroce, e del vento di Marzo la voce. Ma la parola non basta e allora il segno diventa portatore di significato: il gioco della comunicazione diviene gestuale e anche nelle parole il silenzio si fa denso di situazioni che diventano leggibili, come gli occhi degli amanti, come le loro mani.
IV L'Uomo, la Donna i Sensi
Non c'è energia che sia applicata altrove. Eppure è tutto scritto nelle regole del gioco, anche ciò che apparentemente se ne distacca in quanto trasgressione e pretende di vivere di leggi proprie. La letteratura sull'argomento è esaustiva, la filosofia inconcludente, l'esperienza, la sola possibile maestra.
AMO L'ERBA
Amo l'erba su cui corre la sera, il pensiero increspato delle emozioni e la tenera pelle di un corpo, che la mano e lo sguardo carezza. Amo i giochi di sempre e l'ignoto parco degli animi.
LE MIE PAROLE
Le mie parole, sono muti assensi, muti dissensi. Sono chiare, invisibili testimonianze, del mio amore.
NON CONCEDERMI ALTRO
Non concedermi altro. Non più ora. Le doglie del mio istinto mi hanno generato, e generandomi mi hanno ucciso. Non concedermi altro: salvami.
MI BATTI NELLE TEMPIE
Mi batti nelle tempie. Sei tu che mi martelli i pensieri. Continui a lacerare la mia mente, ma dimmi, vuoi entrare o uscire ? Ricordo di averla conosciuta lo scorso inverno: leggeva Edgar Lee Masters nei giardini dell'università, luogo che io frequentavo rarissimamanete, specie d'inverno, ma che quel pomeriggio era particolarmente assolato ed invitante. Molteplici eccitazioni della mente affollavano i miei pensieri: tra due giorni l'esame... i libri scambiavano tra loro discorsi, citaziopni, desideri inespressi. P.R sarebbe arrivato a Natale, insieme ad una certa K., conosciuta a Londra: il tempo mi mordeva la coda. Chiesi una sigaretta. Non fumava. "Sei di Lettere?" "No fi Fisica." "Ah, di Fisica..., conosci P.P.?" "Ma certo! eravamo compagni al liceo A." Anche lei aveva voglia di parlare e non solo di P.P..
PER TUTTO CIO' CHE AMO
La mia fine è qui, all'inizio dei miei pensieri. Un freddo brillare nel vuoto di una fiamma che va perdendosi nell'oscurità, per non essere ricordata, ma assolta da ogni debito. La mia fine è qui, dentro di me, per tutto ciò che amo.
CONTINUO A PERSEGUITARTI
Continuo a perseguitarti con il mio dolore. Dico d'amarti ma non è vero: Non ho ancora imparato ad amare i miei rimpianti.
AMORE
Amore: Un'infinita spada sulla cui lama affilata camminano ciechi gli uomini ed anche si feriscono, e cadono.
SENTO CHE SI POSA
Sento che si posa un soffio di incredibile tenerezza sulle labbra di chi ha perduto ogni forza. Si baciano le onde e si toccano, con un rituale antico d'amore, si fondono, come giochi di fiamme nel vento: Il cielo s'imbruna di pudore e le infinite sue lacrime si specchiano sulla superficie del mare. Sento che si posa un soffio di incredibile tenerezza sulle mie labbra: Il vento non mi ha dimenticato. Ci siamo rivisti molte volte ancora, in ogni stagione dell'anno, di nascosto da L. che era molto geloso e non avrebbe capito. Si parlava di noi e ogni volta che non potevo vederla, telefonavo, la sera, solo per sentine la voce. A volte non c'era: "E' uscita con L. ", mi rispondeva la voce sospettosa della madre, ma lei, non aveva alcuna intenzione di scegliere.
LA NOSTRA SOLA FORZA
La nostra sola forza è ora finita e forse altri amori daranno ragioni al nostro calvario: Apoteosi di un intricato conoscersi e perdersi.
NEL GIRARE DELLE RUOTE
Se solo riuscissi a vederti ancora, come ti ho visto quel giorno... Gridavi luce nella strada e i tuoi occhi erano scure stelle che non ho dimenticato. Il vento ti sfiorava il volto Ed era come se fosse parte di te. I capelli ancora bagnati sciolti sulle spalle sembravano piangere di gioia. Ed io ho pianto, e piango la mia vita, fuggita con te nel girare delle ruote.
QUANDO TI AVRO’ AMATO
Il tuo nome risuona nella mia mente, insieme e nel mio corpo. Perché ti amerò ancora Quando avrai dimenticato, oppure mai, o sempre ti avrò amato. Ma spunteranno nuove bacche tra i rovi e nuovi fiori ad ogni notte diversi, senza che scompaia il profumo quando ti avrò amato. Quando la rividi, dopo l'estate, non seppe dirmi nulla. Piangevo, mentre si voltava, dopo un abbraccio senza baci. Non le avrei mai spedito quella lettera, in cui le chiedevo di scegliere...
PRIMAVERA
Si perde il tempo di amarti tra gli alberi in fiore, di conoscere l'odore del tuo calore, così come il grano conosce la terra. Si perde la forza di seguire il tuo richiamo e resta l'amore, che non tornerà tra un anno come fanno le spore.
IRACONDE CRESTE
Iraconde creste del pelago profondo sbalzate da mani forti come terra da un vomero. Scuri vortici tra le mie dita i tuoi capelli sfuggono.
PALPITO
Dire di te e non dire cosa: laccio di stretta luce chiuso sul labbro. Leggo il volgersi lento di ogni segno giovane antico, e il maturare in fretta di ogni gemma schiusa: Tenue luce di luna e pallida di seta copre un affannoso palpito di vita.
DOV'ERI
Dov'eri, quando i giorni scolpivano le mie ferite su gli occhi e le labbra? Dove, quando i sogni rompevano gracili notti portando il vento nel cuore? Quando il silenzio mordeva le corde alla voce, dov'eri? Premeva, non vista la tua mano sfuggente il mio costato.
PIANO
Piano la mano il volto nasconde e ride la bocca, risponde. Brillano gli occhi irrequieti: pensieri velati. Lenta si spoglia la voce dal cuore: gioca la Dama l'invito e la voglia: Lui, l'altro, l'amico, l'amore: Pensiero antico che ancora confonde e piano la mano il volto nasconde.
Passero, passero del mio amore: ti tiene in seno, gioca con te, perge le dita al tuo assalto, provoca le tue beccate rabbiose. Come si diventa l'anima mia in questo gioco, trovando conforto al suo dolore, non so; ma come lei quando si placa l'affanno d'amore, anch'io vorrei giocare con te e strapparmi dal cuore la malinconia. C.V. Catullo
BACI
Baci, baci, baci: che lingua palano? Morbida.
SIMILMENTE AI PENSIERI
Lieve e stanca veste muta, scivola dal corpo, invano. Rosse bacche - amare e ferite - voci tra spine d'acre profumo nel grembo. Similmente ai pensieri di notte.
OTTOBRE
Il primo albero all'entrata del parco - non è facile amarti - ed il sole nasconde i suoi raggi tra le chiome agitate. I destini si incrociano in basso ed il vento ne ride. Che frutti avremo raccolto in ottobre?
IL FIUME O ALTRO
L'orlo indiscreto del fiume, il margine, scorre. Cresce silenziosa la selva e imbruna il verde: Lo sguardo curioso nel petto indaga, e nel frutto del monte, nel letto, si bagna e si perde la vita.
GUARDA
Guarda lo stupore ingordo bacia la nuca e nudo il pudore sgorga sul viso. Chi ne ha visto l'odore e nudo amore il velluto dei lombi invoca, gote amaranto. Ride la mano che gioca sul fianco ed il pensiero si nutre e lo sguardo del dono indiscreto, segreto stupore.
E PIANO
E piano sul viso ti scivola accanto la mano raccolta distesa. Un gioco preciso di sete e pazienza e poco riposa speranza.
V Il Paradosso
VALVOLE COSMICHE
Il nostro pianeta è cosparso di valvole cosmiche. Noi non lo sappiamo, ma loro si aprono e si chiudono in continuazione. Lasciano passare uno strano fluido, e a volte si surriscaldano, a volte si raffreddano, ma sono innocue e non scoppiano mai. Nonostante la loro grandissima diffusione nessuno sa a cosa servano.
CENTOCINQUANTA
centocinquanta la gallina canta canta il gallo canta tutto il pollaio. Centocinquantuno non canta più nessuno la gallina è morta e a nessuno importa.
CUORE SU CUORE
Cuore su cuore, mente su mente, tra i fiori e le spine di questo universo, che devo ancora svelare, capire, amare, ritrovo pensieri perduti. Non ci si può perdere per sempre nell'infinito, perchè l'infinito è in noi stessi e ovunque siamo noi siamo sempre. L'attimo che ci separa dagli altri, talvolta diviene così sottile da essere scambiato per nulla. Il gioco sa ferirci ed insegnarci di più quando inverte le regole e le parti: Fortuna cambia di mano e le immagini acquistano un diverso spessore.
LA VITA
La vita, questa tremenda invenzione della morte, danza ancora al suo fianco come una fedele compagna e con lei giace ogni notte.
RISOLVERSI OLTRE L'IMMAGINAZIONE
Risolversi oltre l'immaginazione rende credibili le aberrazioni del mio ingegno. Il profondo vortice che mi attira è il mio immenso e sconosciuto destino, la mia immaginazione che lentamente scopro, svegliandomi, come da un lungo letargo. Il dubbio è salutare. Mettersi sempre in discussione, anche nella fideistica certezza delle proprie idee, produce quella instabilità necessaria all'arte di crescere e di interpretare. Il gioco, ancora una volta, ci salva e ci permette di vivere senza riserve.
NON SEI TU AD ESISTERE
Non sei tu ad esistere ma il tuo ventre mentale affamato di polline e docili affanni, di involontarie gioie incompiute: Disperata invenzione nel gracidare notturno dei pensieri.
FORSE DELL’INVERNO ANCORA
Forse dell’inverno ancora è rimasto un’alito freddo. Non passerà soffio di vento senza che anche le mie labbra rivivano, destate, la tua musica. Forse di altri tempi non è rimasto che l’odore ed i graffi sul volto. Ma cosa importa? Il carro del sole non è voluto restare ed il mio passo non può fare altro che seguirlo.
IL GLICINE
Come il profume del glicine che in sere estive trabocca dalle balconate, i pensieri si irradiano dalla mente e posano le stanche appendici tra sensazioni antiche. E ancora anche quando svanisce il sorriso resta dolce il profumo.
R.Z.
Vedo i tuoi occhi rubare attimi al tempo ed aprirsi enormi là dove giace il vuoto. O forse immagini ancora un Minotauro tra i tuoi muri contorti, tra i tuoi salti di spazio e di tempo, come Alice oltre lo specchio. Che noia - ma non abbastanza - o forse che vana pazzia: questo perdersi in mari profondi. Sangre de diablo: lo specchio! or how can I say: Mon ami. Allora ci si accorge che tutta questa fatica che si mette nel vivere non è mai del tutto premiata dall'ogetto della ricerca. Iniziamo a cercare l'ago nel pagliaio e solo più tardi ci rendiamo conto della difficoltà dell'impresa. Desistere vorrebbe dire aver sprecato tempo.
RICAMI
Una parola viziata sul labbro incontra la pelle sul cuore. Parole di pane nascoste e non dette, scavate, scelte dal mucchio, tra echi di risa lontane. Nuvole sporche di storia: e non resta neanche un pò di saggezza.
RAGGIUNGERTI GLI OCCHI ANCORA
Raggiungerti gli occhi ancora: Forse le mani tese, nervose, per colmare l'affanno, il tuo respiro forzato. I tuoi capelli si sono piegati al vento stanco di questa terra: Io ne sono portato e difeso.
PRESTO SUL LUME ASCIUTTO
Presto sul lume asciutto cadranno aghi di pino. Le parole si faranno dolci e lente in un momento, come risposte attese a lungo. La moneta vibrerà ancora nell'aria(*). Le note si scioglieranno al calore della voce e con il colore dei capelli cambieremo anche la pelle. (*) NdA: Un omaggio alla canzone Valentine Melody di T.Buckley
LUNA CALANTE
Ogni giorno sul palmo della mano cresce un nuovo segno e sul volto una ruga profonda. Il Fiume solleva le barche sui moli: Ride la luna un sorriso calante sul cuore di Londra e sul mio.
Improvvisamente capì che la ricerca era stata l'unica causa del suo non trovare, che nel mondo non si può trovare e non si può quindi avere ciò che da sempre si è. P.Watzlawick
CON IL GRANO
Il primo giorno non aver pace: La notte concede e sottrae le sue prede. Il primo mese segue la luna: La donna si spoglia con il seme la voglia. Il primo anno arde già gli assi: ma al vento riposa con il grano la rosa.
ALLA VOGLIA
Alla voglia, alla foglia che cade, agli attimi urgenti, che primi il sonno pervade. Alla notte sorella o al grido del gallo, ai pensieri fuggenti, al ritmo del canto che lega le genti. Al fiore dei sensi perduti, alla voce, che muta tace gli amori, al vino, ai dolori, al rossore che assale le gote, alle ali che il vento solleva, che la vita percuote. Disingannati amori, esacerbate menti, voglie ancor verdi tra foglie cadenti: a voi cede la vita serrata tra i denti.
POESIA E VITA
Ogni poesia è una vita. Libri di poesia, libri di vita: Non esistono. Non c'è posto in un libro per una vita: Non c'è vita che possa trovar posto in un libro.
Finito di stampare nel mese di Dicembre 1988

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18 settembre 2005

Il Faro ed altre poesie

Prefazione all'edizione elettronica del testo Roma, 18 Settembre 2005
Per redigere il formato eletronico di questo libro, ho dovuto, a distanza di 23 anni, rileggere e riscrivere queste pagine, una per una. A parte qualche correzione della punteggiatura, ho resistito alla tentazione di modificare i testi, anche se alcuni di essi sono estremamente lontani dal mio gusto e dalla mia sensibilità di oggi. Ciò che viene riproposto in queste pagine altro non è che parte di un percorso.
Editore Gabrieli - Roma - 1982
Non si possono più pensare le cose cui troppo a lungo si è pensato, chè la bellezza muore di bellezza, il merito di merito, e le antiche fattezze si cancellano W.B.Yeats
Prefazione dell'autore Roma, 7 Luglio 1982
Ho sempre cercato di esprimere i miei pensieri in una forma che non fosse sterile e scevra da quella intensità necessaria a comunicare in modo completo particolari esperienze e sensazioni. La mia poesia è frutto della mia sensibilità e credo che chiunque sarà in grado di coglierne la più profonda origine; chi si vorrà avvicinare a questi scritti con l'intento di essere partecipe anche emotivamente di ciò che scrivo, non potrà evitare di conoscere oltre le parole stampate anche l'uomo che vi è dietro. Desidero a questo punto ringraziare, per i consigli e per l'apporto materiale che hanno dato alla realizzazione di questo libro con i loro disegni, Roberto Zamparelli e Leonardo Rossi. Al primo è dovuta la realizzazione della copertina, al secondo le illustrazioni all'interno del libro, e ad entrambi il giudizio critico che mi ha portato alla selezione di queste poesie.
* * *
AURORA
Lampi, nel cielo terso di quella notte senza fine e nel fondo dei miei occhi spinti alla ricerca del tuo viso. Rosso pallore di un cielo scordato dalla luna, triste sapore di malinconia. Ma già la notte è diventata aurora; la brina copre tutto: ricordi, sensazioni, desideri. I primi raggi di un sole nuovo, pulito, ti svegliano dal torpore ostinato che ti porti dentro. Reagisci, pensi, ami. E' l'aurora.
OGNI COSA SULLA MIA STRADA
Ogni cosa sulla mia strada ogni cosa una stella ogni cosa una croce. Ogni cosa sulla mia strada passa lungo il bordo senza mai fermarsi. Ogni cosa sulla mia strada ritorna a me come il cane all'uomo. Ogni cosa sulla mia strada è una strada nuova uguale alla mia ma diversa dalla solita. Ogni cosa sulla mia strada è la strada degli altri nuda nella sua pudicità diversa dal pensiero collettivo. Ogni cosa sulla mia strada è la prova della mia coscienza, del vostro pensiero. Ogni cosa sulla mia strada è la mia speranza legata a un'altra vita. Ogni cosa sulla mia strada è un pensiero impotente per ciò che vuoi. Ma d'ora in poi ogni cosa sulla mia strada sarà semplicemente mia.
TU MARE
Fare vela per l'ultima volta verso l'orizzonte rosso fuoco dimenticherai che avevi desideri e chiuderai le mani per stringere i ricordi. Quando cesserà il vento l'isola più vicina sarà solo il tuo pensiero e ogni tuo pensiero una goccia d'acqua; Tu forse allora diverrai il mare. Scorreranno su di te le rotte degli audaci decisi a cominciare un'altra vita in un altro mondo diverso dal tempo che scorre su di loro. Incresperai le acque con il vento del sud ricorderai che ogni goccia è stata anche una lacrima in più. Alle onde alte che bagneranno i tuoi occhi chiederai la pace ed il calore della calma interiore.
I RAMI
Ecco che cadono i rami secchi. Piombano fragorosamente a terra, abbattuti da scuri affilate. Il pianto prima dello schianto, poi il silenzio. Così, i pensieri privi di linfa, cedono al sovrapporsi di sempre maggior peso. E come per gli alberi, ecco che vengono gli uomini, e li trascinano via. Gli arti inutili di una mente troppo debole. I figli malati, nati da una madre troppo povera. Ecco che vengono gli uomini, e resta solo il tronco, mutilato e nudo.
HO FREDDO DI RESISTERE AL CUORE
Ho freddo di resistere al cuore, di vendere fiumi di parole. Il lume della lanterna Si spegne al fondo. Non resta che battere mani e piedi: La luna mi sarà di fianco.
LE MIE PAROLE
Le mie parole, sono muti assensi, muti dissensi. Sono chiare, invisibili testimonianze, del mio amore.
STASI APORETICA
Si spezzano le idee ed è come se non fossero mai esistite. Lo sfregio dei pensieri ricopre la pelle e cerchia gli occhi: non è stanchezza, è il tempo. La brezza ella fantasia accarezza le gote rinfrescando la mente, ed il vuoto che era ed è resta e sarà, come è giusto che sia. Non serve versare ancora altro sangue, le lacrime del mondo si affossano in un unico dolore; Senti le grida di chi ignora l'amore! Sprofondi verso la notte che avvolge i pensieri corrotti dal sole. La bara del tempo cala nella sera sei piedi più in basso dei tuoi pensieri. Non piangere adesso, perché domani Potresti non avere più lacrime per piangere ancora. Grida se vuoi, ma non lasciarti ferire, finché il tuo sangue è ancora caldo.
IL FARO
Si è spento il faro che illuminava lo scoglio. Di notte, chi naviga solo, si perde.
MI VESTO DI TE
Per le parole mietute tra i raggi di sole impazzito. Per i petali d'affetto profumati di labbra ricevuti all'ombra serena, tra le foglie antiche. Per i fiumi di sale che solcarono il viso, cadendo pietrificati sui binari del treno. Ed infine per l'amore, che strappa ore di sonno al mio ozio indecente, per questo, e per mille cose ancora mi vesto di te.
NON CONCEDERMI ALTRO
Non concedermi altro. Non più ora. Le doglie del mio istinto mi hanno generato, e generandomi mi hanno ucciso. Non concedermi altro: salvami.
MI PIACE LASCIARMI TRASPORTARE
Mi piace lasciarmi trasportare da te, come un'onda stanca spinge la sua compagna. Mi piace lasciarmi trasportare da te, perché tu sai dove portarmi: mi porti a morire sugli scogli.
PER AVERTI AMATO
Persi gli occhi, per averti visto negli occhi. Persi le labbra, per aver osato sfiorare le tue. Persi le mani, per aver stretto le tue mani. Persi la ragione, perché tu eri la ragione; e persi l'amore, persi l'amore per averti amato.
FUOCO
I brividi del mio passato e le paure del presente si fondono in una sola situazione. La forza che prima era salda si affievolisce ora, attimo per attimo. I timori scavano in silenzio di nascosto sotto la coscienza, per esplodere insieme proprio nel momento in cui avresti avuto bisogno di un po' di forze. L'unica soluzione è la fuga: la fuga da chi brucia gli occhi, i pensieri, le emozioni.
DRITTO AL CUORE
Dritto al cuore. L'inverno cade boccheggiante e mi trascina con se, a morire nella terra per mano del cielo.
INFINITO SPEZZARSI DI CERCHI
Questo infinito spezzarsi di cerchi, seguito da un lento ricomporsi privo di vita, mi rende muto, e uccide ogni mia conoscenza. Tutto è in fondo al fosso della perdizione. Giaccio ferito sulla nera terra, ascoltando le grida.
IL MIO PENSIERO TI AMA
Fedele, umanamente eterno, gravido di attenzioni nel goffo volteggiare. Nel pianto silenzioso, nel vociare allegro, nell'urlo, nel tempo dopo il miele ed il latte fecondi, nell'arido passare dei giorni, nelle danze, nei fuochi accesi, nel brivido dell'abbraccio della notte, nel sudore dello sforzo, nel cuore, sulle labbra, nella mano, il mio pensiero ti ama.
INVISIBILI INTRECCI
Lance Piantate negli occhi come aghi nel cuore. Pesanti incudini su cui batte il martello, plasmando anime come fuscelli. Invisibili intrecci dipinti col sangue tra muti cieli, mute stelle, mute notti. Indegno lo sguardo che ha osato resisterti, indegno forse solo il pianto.
SENTO CHE IL MIO CUORE
Sento che il mio cuore questa notte sta cedendo, forse a causa del peso che cresce oltre ogni mia resistenza. La mediocre anonimità mi nasconde, e ogni ferita è un mattone della cella che mi sto costruendo addosso. Muri lisci, muti, vuote intercapedini senz'anima, ostinatamente resistenti, inconsolabili, inconsolanti. Il dolore mi segue giungendo ai miei sensi come un sempre più acre profumo. Odore di silenzio. Sento che il mio cuore questa notte sta cedendo, forse perché il pensiero non coordina più gli stimoli e le azioni irrigato da un fiume in piena di ordini contrastanti. I miei occhi seguono la mente nelle sue orbite irrazionali e questo forse mi impedisce di vedere. Solo ho in bocca il sapore amaro delle incoincludenti delusioni, di un albero senza radici né foglie, coscientemente morto. Mastini feroci affilano i loro denti sulla mia pelle, ed il mio sangue calmerà la loro sete. Sento che il mio cuore questa notte sta cedendo. Non so se resisterò fino all'alba.
L'URLO DEL PRIMO UOMO
L'urlo del primo uomo giace nell'aria. Il suo dolore è fede, è Dio. Le sue lacrime bagnano altri mondi la cui esistenza è incerta. L'urlo del primo uomo è ancora vivo nelle tue piaghe quando l'odore del sangue acceca i tuoi sensi. Batte il petto sul suolo fino allo schianto.
MI BATTI NELLE TEMPIE
Mi batti nelle tempie. Sei tu che mi martelli i pensieri. Continui a lacerare la mia mente, ma dimmi, vuoi entrare o uscire ?
L'INSOLITO DIPINGERE
L'insolito dipingere vaghe intenzioni con acquarelli sbiaditi sulla sabbia. Che vale il mio dolore tra le onde ?
TEMEVO
Temevo di averti ingannato, o forse solo illusa, io, che già ho perduto molto.
NEL GIRARE DELLE RUOTE
Se solo riuscissi a vederti ancora, come ti ho visto quel giorno... Gridavi luce nella strada e i tuoi occhi erano scure stelle che non ho dimenticato. Il vento ti sfiorava il volto Ed era come se fosse parte di te. I capelli ancora bagnati sciolti sulle spalle sembravano piangere di gioia. Ed io ho pianto, e piango la mia vita, fuggita con te nel girare delle ruote.
INCANTESIMO
Copri il tuo volto Di angelo o demone, tu che danzando hai segnato tre volte il cerchio attorno al mio cuore. I tuoi occhi, profondo cristallo, segnano l'unicva possibilità concessa al mio volere e la catena che cinge il mio petto affanna il respiro. Ad ognuno verrà pagato il suo riscatto, ché la salvezza è figlia della dannazione.
FOGLIE
Note pulite Mi giungono all'orecchio come soavi ancelle del passato. Sento il fruscio di un fiume nascosto tra le fronde: il fiume che sento e so di non poter andare oltre. Sento forte il richiamo quasi come odore d'amore, ma resto fermo sulla riva. Né amore né musica vedo o sento. Solo il magico scivolare dell'acqua che trascina via con sé incaute foglie caduche.
VALERIA
Presto sarai neve: Che sia forte la tua mente ed iltuo braccio. Presto sarai sole: Che la tua luce non sia così forte da scioglierti.
ICARO
Perché ascolti ancora le mie parole? E' tarda l'ora e non chiedi tregua. Ancora sulle ali di cera insegui le mie fiammeggianti ruote: Perché ascolti ancora le mie parole? Non temi il fuoco?
SE SOLO QUESTO SILENZIO
Se solo questo silenzio non fosse interrotto da infinite voci che non mi appartengono... Vuota disperazione, attimi di indefinita dolcezza, indefinito colore. Questo peso si solleva Oltre le ore Nell'attesa del giorno.
AFFANNO
Un palco, un rudere. Un fossile nei ricordi, un'invenzione ridotta in cenere, eco di una folle corsa: Nel silemnzio del buio solo l'affanno.
MAGICA POESIA
Magica poesia dei miei sogni senza macchia, mostrati ora, nella luce di questa fiamma d'inferno! Crudele sei, se non sai esistere oltre la mia immaginazione! Sbocci di nascosto come i fiori della notte, quando altri occhi che i miei non possono vederti. E nessuno mi crede quando parlo di te, per questo taccio. Crudele sei: Quale altro grande amore hai serbato, per il mio cuore già fin troppo sconvolto?
FREDDO FUOCO DI PIETRA
Se dove non ti ho cercata, freddo fuoco di pietra, dove non ti ho cercata? Il mio mondo si affaccia lontano sul tuo cielo. Sei tu la mia luna bianca, di tutti gli anni passati a guardarti. Quando non ti ho cercata, dove ti avrei trovata? Tra il fumo che sale si è sporcato il silenzio e il tuo volto è svanito nell'aria pesante di vuoto. Freddo fuoco di pietra, dove non ti ho cercata?
PRESENZA I
La stessa luce fuori. La stessa luce dentro. Lo stesso intelligente respiro di immateriale presenza. Imperfetto muove i suoi passi: effusione, implosione determinata ed istintiva. Ombre divergenti e anonime, adiacenti e diverse, opposte e legate: Invito distante, esitante, fedele emozione, sussulto, preghiera di morte, di amore: si perde, nel vuoto continuare.
FESTA
Femmine mascherate da donne, maschi mascherati da uomini, come in una festa di piazza... Volti che vagano nella luce Di lampadine colorate, nascosti dal seno, dal fallo, dal ventre. Misere imitazioni di gravide vacche al pascolo, morti e stupidi di troppo vino, di tropop niente, feriti e sanguinanti come conigli sgozzati. Il riso, dagli occhi come pus, ciechi e derisi, forti tori e giovenche abbattuti da un raggio di sole. Polvere, nei piedi e nella testa aperta e svuotata dal canto del giorno. Miserabili e illusi caduti dal grembo materno come brandelli di carne dalla bocca di una iena, danzano, alritmo dei tamburi con voci da rospi e movenze da ippopotamo. Nel naso l'odore di merda del solito fetido e rancido cadavere, tra i vermi, nella terra, costretti ed ancora più morti, ronzano alla luce delle lampade a gas, come falene che godono a bruciarsi le ali. Guariranno mai le menti dei vostri figli? Guarirò mai io?
PRESENZA II
Vorrei che non perdessi Ciò che hai conquistato Con le lacrime. L'inverno è vicino al cuore, vicino alla mente. Amo la tua gioia, amo il tuo dolore, i tuoi occhi scuri, socchiusi. E amo il canto della notte dove il pianto è velato.
RICERCA I
Il sentiero delle mie ali: un volo contorto, radente, tra i rami e le pietre. Mi chiedo quale gioia ora, è pronta a ferirmi, o se invece non sia solo un nuovo orizzonte coperto di nubi.
IL TEMPO E' VOLATO
Il tempo è volato eppure ancora le sue ali sono fragili e malate. Il suono del tuo nome non ha smesso di danzare nella mia mente, ed il tuo volto mi accompagna ancora fino a sera. Mi chiedo a cosa serve ricordare, quando tutte le luci si spengono, e resto io solo, impotente e disperato naufrago della mente.
LO SCETTRO
Vedo, i tuoi nervi tesi, mentre trascini a te la croce ad ogni passo ed il solco che lasci sulla terra vergine di secoli passati tra orme scalze di secoli futuri nel tuo sforzo uguale. L'aria è forte di fiamme dove il sudore brucia gli occhi, ed è cenere il vento, sì che ora il pensiero alimenta crepuscolari visioni. Il pugno resta saldo. Fermo l'appiglio al tremar della terra - Ancora è d'oro lo scettro e non di sabbia.
BIANCHE FORME
Bianche forme come di bianche idee si annidano e sentono, nascoste, chiedono attenzione. Preme sul petto la mano pesante del vuoto e non solo, ma stacca con unghie affilate la carne sacrificale. Non più giorno che il vento sfiorava con delicati fremiti di infinita dolcezza. Solo lo stanco respiro di una mente sopravvissuta alla flagellazione.
ATTENDERE
Attendere è ciò che più mi logora. Vagare senza meta nella penombra dell'ignoranza, senza conoscere quando verrà la fine, quando verrà l'inizio. Svuotare la mente per poi riempirla ancora, passando al setaccio le idee per cercare altre vie d'uscita che non siano l'attesa. Questo più di ogni altra cosa mi invecchia e mi corrode, eppure attendere è l'unica cosa che so fare bene.
IL GRANITO
Il solito granito Si erge oltre l'immaginazione, senza mai perdere il suo mistico alone. E' fermo davanti all'orizzonte: ogni movimento si perde nella sua immobilità. Il dissacrante desiderio di toccare e fare aderire il mio corpo alla sua superficie intoccabile! Il destino non mi ha generato per perdere i miei giorni dietro specchi curvi. Non so, comunque, a cos'altro dovrei attendere. E' il tuo amore che cerco, come un cieco la luce.
IL VOLTO
Un volto. Dispero di essere ancora qualcuno. Più che un'idea un delirio, un singhiozzo, smorzati nella mia forza nel mio dolore. Un urlo, forziere scardinato del mio sangue, invano e ribelle inutilmente. Invano spegnersi finché non saranno seccate le radici, tagliato il fusto, cadute le foglie. Ecco, lo schianto. Ma saprei ancora leggerti le labbra e succhiarne la linfa come un ultimo regale saluto. Salvata la volontà, ma non la gioia. Inghiottito, perso e deriso clamore famoso e silente, atteso e vanificato, in un raggio di luna tagliente. Uno zaffiro Forse solo spezzato. Cresta di un'onda impazzita sugli scogli. Tuoni come bombe, risate di morte, nella duplice ricerca del tuo volto, del tuo amore. Sereno, ignorare. Un volto. Dispero di essere ancora qualcuno.
FORSE DELL'INVERNO ANCORA
Forse dell'inverno ancora è rimasto un'alito freddo. Non passerà soffio di vento senza che anche le mie labbra rivivano, destate, la tua musica. Forse di altri tempi non è rimasto che l'odore ed i graffi sul volto. Ma cosa importa? Il carro del sole non è voluto restare ed il mio passo non può fare altro che seguirlo.
FINCHE' CI SEI
Dove brilla il cristallo per poco scintilla nell'aria un acutoi sapore, una voce. Per un momento è silenzio dove cade una stella, un'infinita notte e fredda. La forza che sento vibra dove sei tu dove è sempre dolce baciarti le labbra. Dove il tuo universo mi copre, sento di essere finché ci sei.
LASCIATE CHE IL VENTO
Lasciate che il vento copra la voce e che i rami del salice danzino nel suo vortice. Lasciate che il sole secchi i germogli e inaridisca la terra ed ogni nuovo seme. Lasciate che il fuoco arda le viti e che arrossisca il cielo ad ogni nuova piaga. Lasciate che sia vana ogni vostyra speranza che cada e ad ogni passo affondi nel silenzio. Lasciate che il vento copra la voce fin tanto che il vostro parlare è orbo della ragione.
QUANDO TI AVRO' AMATO
Il tuo nome risuona nella mia mente, insieme e nel mio corpo. Perché ti amerò ancora Quando avrai dimenticato, oppure mai, o sempre ti avrò amato. Ma spunteranno nuove bacche tra i rovi e nuovi fiori ad ogni notte diversi, senza che scompaia il profumo quando ti avrò amato.
POTRO' MAI COPRIRE DI GRANO
Potrò mai coprire di grano il tuo ventre? Il mio Priapo è un legno secco alto sul colle. Potrò mai lavare con latte il tuo volto? I miei armenti sono magri e aridi come sabbia. Quest'anno la grandine ha bruciato il raccolto. Potrò mai coprire di grano il tuo ventre?
PALLIDA ESISTENZA
Pallida esistenza. condanna estrema di un giudice invisibile, ultima diabolica invenzione di un giustiziere impazzito. Morso è il cuore dal canto degli uccelli. L'aria intorbidita dal pullulare di fremiti incontrollati è sempre più pesante. Le nostre mani parlano per noi, mentre la speranza impallidisce. La sola forza che ci impedisce di cadere è il dolore. Grazie Padre Per averci lasciato almeno questo.
DELIRIO
Ed è già delirio, nelle forme e nello spirito, o forse altro ancora di cui non conosco la natura, segnato dal vento.
SCONOSCIUTA GIOIA
Deserto, disteso, nel solo breve istante di dolce immobilità. Sconosciuta gioia dal cuore e dalla bocca, affiora silenziosa, negli occhi, giù, fino a bagnare le labbra.
A CHI AMA
A chi ama Si impone la fantasia. A chi, come me, ti adora, la contemplazione.
TACE LO SGUARDO
Tace lo sguardo ogni mia preghiera, e sordo è il cuore ad ogni palpito. E cos'è più nell'animo ferito Se non voce mortale e mortal pianto ?

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Anonymous Anonimo ha scritto...

Ciao mi chiamo Giulia...sono capitata per caso nel tua space! le frasi sono davvvero davvero bellissime! vorrei acquistare il libro! è in vendita? cioè, lo trovo in giro?la mia mail se volessi risp è:

angel_city@hotmail.it

baci e grazie!

19 marzo, 2009 16:14  

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17 settembre 2005

Nel girare delle ruote

Oggi nasce "Nel girare delle ruote". Ho preso la frase di una mia vecchia poesia e l'ho fatta diventare il titolo di questo blog. Cercherò di trovare il tempo di dare la giusta forma ed espressione al materiale che vorrei pubblicare. Un grazie fin d'ora a coloro che vorranno arricchire con il loro contributo questo contenitore.

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